Limpida Mente

RELAZIONI - Le interviste di LimpidaMente

Alcune domande a DONATA SCANNAVINI

(5 maggio 2022)

Donata Scannavini, nata a Milano nel 1967, è laureata in pedagogia e ha svolto diverse attività nel no profit. Attualmente è anche presidente dell’associazione Amalo - Auto Mutuo Aiuto Lombardia - che si occupa di diffondere la cultura, la pratica e la metodologia dell’auto mutuo aiuto. Nel 2008 ha pubblicato il saggio “La donna nella Bibbia” e nel 2016 ha creato il personaggio del Commissario Brambilla, protagonista di tre romanzi gialli: “Una vacanza pericolosa” e “Paura a Milano” già editi e “Troppo vicino alla verità” che sarà pubblicato prossimamente.

DONATA SCANNAVINI
 
Domanda: Il protagonista dei suoi tre romanzi è il commissario Ernesto Brambilla. Come è nata l'idea di creare questo personaggio?
Risposta:
«Il primo romanzo “Una vacanza pericolosa” è ambientato in un campeggio della Val Seriana che, a parte il nome cambiato per ovvie ragioni, è il luogo dove con la mia famiglia da anni passo le vacanze. Quasi per gioco, ho immaginato che in quel campeggio, durante una sonnolenta domenica d’agosto, succedesse qualcosa di molto strano. È nato così il mio primo giallo, che non poteva non avere come protagonista il commissario di Clusone, Ernesto Brambilla, di solito alle prese con fatti di poco conto, ma questa volta chiamato a indagare su una vicenda assai intricata e di difficile soluzione. Ho poi deciso di continuare a far “vivere” il mio personaggio che, suo malgrado, proseguirà la sua carriera come capo del Commissariato Fatebenefratelli di Milano, e in “Paura a Milano” e “Troppo vicino alla verità”, la cui pubblicazione è imminente, dovrà affrontare nuove sfide che lo coinvolgeranno anche sul piano personale».

Nella sua narrazione viene ben delineata la personalità del commissario. A chi non ha ancora letto i suoi libri come lo presenterebbe per invogliare a conoscerlo?
«Innanzitutto direi che nei miei libri il commissario Brambilla cresce e si svela sia come professionista che come uomo, con le sue luci e ombre. È proprio la vita di Brambilla l’elemento che unisce come un filo rosso i tre romanzi le cui vicende sono tra loro completamente staccate; il commissario cresce e si svela, si trova a fare i conti anche con aspetti di se stesso che non conosceva e che incidono in modo significativo nella sua vita. Nei tre romanzi si delineano sempre maggiormente le caratteristiche personali di Ernesto che rispecchiano l’ambiente nel quale è nato ed è cresciuto; è un uomo semplice, onesto e leale, cui però non la vita non risparmia prove, dalle quali non sempre esce vincitore».

Come si possono riassumere i pregi, i difetti, i punti di forza e le debolezze di Brambilla?
«Come ho già detto, il commissario Brambilla è un uomo semplice e leale, che crede nel proprio lavoro e lo svolge da sempre con passione. Schietto, come spesso lo sono i bergamaschi, non ama i giri di parole e, soprattutto in alcune situazioni, non riesce a essere molto diplomatico; ha un odio viscerale verso i giornalisti e tutto ciò che secondo lui sono solo chiacchiere e inutili perdite di tempo e questo a volte si rivela un ostacolo. Ernesto è un tipo che somatizza molto i propri malesseri, per cui nei periodi di forte tensione la sua salute rischia di venire compromessa e di questo il commissario se ne cura molto poco. Un punto di forza del commissario penso che sia la capacità di valorizzare i propri collaboratori, di capire le caratteristiche di ognuno e di creare una squadra di lavoro affiatata che spesso è la carta vincente per risolvere situazioni complicate».

Si tratta di un personaggio di pura fantasia o ha preso lo spunto da qualche persona reale?
«Il commissario Brambilla è un personaggio di pura fantasia, nel senso che non c’è una persona in particolare a cui mi sia ispirata; non posso però negare che, come ho già detto, per delineare le sue caratteristiche di semplicità, schiettezza e poca propensione per i giri di parole mi sia fatta aiutare dalla conoscenza diretta degli abitanti della valle, persone semplici e autentiche».

Leggendo i suoi tre romanzi in ordine di uscita, si nota qualche evoluzione nelle avventure e nel carattere del commissario Brambilla?
«
Il cambiamento più grosso nella vita di Brambilla è il trasferimento da Clusone, dove sperava di concludere la sua carriera lavorativa, a Milano. È stato il “premio” per aver risolto brillantemente il difficile caso di “Una vacanza pericolosa”, ma per il commissario è stata una condanna. La vita della metropoli, i suoi ritmi, ma anche le vicende delle quali è chiamato a occuparsi sono totalmente diverse da quelle a cui era abituato nella sua Clusone e per una persona non più giovanissima adattarsi a tutto questo è molto difficile. Deve dunque far ricorso a tutta la sua determinazione e forza di volontà per non mollare, per resistere anche quando, come in “Troppo vicino alla verità”, sarà la sua vita personale, ciò a cui tiene di più a essere messo in pericolo. Un errore, una debolezza avuta ai tempi di “Paura a Milano” rischia di costargli molto cara e ci sarà un momento in cui non potrà far altro che stringere i denti e andare avanti. Il finale del terzo romanzo, se risolve questa situazione, apre senz’altro una fase nuova della vita del commissario».

Pensa che in Italia esistano degli investigatori che somiglino a Brambilla?
«Non ho una conoscenza diretta del mondo investigativo italiano, mi piace però pensare, senza tuttavia peccare di ingenuità, che esistano tutori dell’ordine dediti al proprio lavoro, con un’idea alta della giustizia e del servizio allo Stato e al bene comune. Non erano investigatori, erano magistrati, ma la mente non può non andare all’ormai prossimo trentennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio dove servitori dello Stato, come lo erano gli uomini della loro scorta, persero la vita, lasciati soli nella lotta per la legalità».

Rispetto ad altri romanzi gialli, quali elementi di originalità un lettore può trovare nei suoi libri?
«Se sia un elemento di originalità non tocca me dirlo, quello che mi propongo nei miei libri è sì raccontare le vicende del Commissario Brambilla, seguendo il suo percorso personale e professionale, ma anche affrontare tematiche di interesse generale. Se in verità in “Paura a Milano” tutta la vicenda ruota intorno a un fatto “personale”, di natura “privata”, accaduto anni prima, sia in “Una vacanza pericolosa” sia in “Troppo vicino alla verità” ciò che mi propongo è parlare di tematiche di interesse generale, problemi, piaghe che affliggono la nostra società. Certo, lo faccio entro i limiti e le caratteristiche proprie di un romanzo, dove tutto è pura invenzione e fantasia, mi piace però pensare che i lettori possano riflettere su argomenti che riguardano più o meno da vicino tutti noi. Un’altra caratteristica dei miei racconti è l’intrigo che preferisco molto di più rispetto alla narrazione di scene violente o cruente. Amo creare storie complicate, l’azione spesso si snoda su più fronti anche geograficamente distanti; forse a volte questo può essere un limite nel senso che può rendere più difficile seguire il filo della vicenda, sicuramente però il lettore non si annoia e spero di stimolare la sua curiosità di vedere come alla fine trovino il proprio posto tutti i tasselli della storia».

Scriverà altri libri con lo stesso protagonista?

«Ho detto prima che il finale di “Troppo vicino alla verità” apre senza dubbio una nuova fase della vita del commissario Brambilla, solo il tempo ci dirà quali saranno gli sviluppi…».

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