Limpida Mente

CULTURE - Le interviste di LimpidaMente

Alcune domande a LAURA APPIGNANESI
(21 gennaio 2014)

Laura Appignanesi è nata e vive ad Ancona. Si occupa di ricerca in tema di Cultural Heritage e sviluppo socio-culturale del territorio. Si dedica da tempo alla poesia, alla pittura e alla scrittura e si è affermata in numerosi concorsi letterari come vincitrice o finalista. Nel 2007 ha pubblicato la raccolta di racconti brevi "Colori". Nel dicembre 2013 è uscito il suo libro "24 secoli di storie. Ancona in racconti". Suoi testi appaiono in antologie, riviste specializzate, siti web e volumi scientifici.

Laura Appignanesi

LAURA APPIGNANESI

Domanda: Il suo libro "24 secoli di storie" contiene una raccolta di racconti ambientati nella città di Ancona. Come è nata l'idea di scrivere quest'opera?
Risposta: «L’idea del libro è stata sviluppata da me e da Sergio Salustri all’inizio del 2013, anno che coincide con l’anniversario dalla fondazione di Ancona, e precisamente con il 2400esimo compleanno. Questa ricorrenza ha visto numerose iniziative volte a diffondere la conoscenza di avvenimenti storici che rappresentano la biografia della città. Si tratta di una circostanza che ha reso evidente l’interesse diffuso nei confronti di percorsi culturali e la domanda di conoscenza delle radici identitarie. Mi sembrava opportuno rispondere in modo originale e creativo, offrendo il prodotto della combinazione fra il materiale frutto della ricerca storica e la rielaborazione narrativa frutto dell’incontro tra fantasia e ricerca letteraria. Le pagine del libro forniscono notizie e descrivono eventi mentre divertono e fanno riflettere il lettore, aggiungendo, quando serve, una dose di poesia».

In una nota riportata all'inizio del volume lei precisa che non si tratta di un libro sulla storia di Ancona, però Ancona e la sua storia sono le protagoniste del libro. Qual è la struttura che ha studiato per la sua opera?
«La storia è stata proposta non in modo classico e unilaterale, dallo scrittore al lettore che la recepisce passivamente. La storia va vissuta, bisogna immergersi in essa. È un po’ quello che succede quando alla musealizzazione tradizionale dei reperti collocati ordinatamente in bacheca si sostituisce la fruizione veicolata da ambienti virtuali immersivi e da animazioni 3D. In questo caso, tutto il potere è affidato al mezzo più semplice ma più efficace, perché in grado di penetrare a fondo e stimolare la mente: le parole. Di conseguenza, è stata studiata una struttura funzionale all’obiettivo: il libro si compone di racconti accompagnati da note redatte da illustri studiosi, scelti per le competenze specifiche relative all’evento o al manufatto presente nel racconto, con il risultato di offrire ai lettori documenti di altissimo livello che costituiscono il distillato di anni di lavoro. Questi documenti in alcuni casi costituiscono il materiale da cui ho tratto spunto per costruire il racconto corrispondente, in altri rappresentano degli approfondimenti di temi trattati letterariamente. Gli autori sono Tiziana Belelli, Claudio Bruschi, Maurizio Landolfi, Gilberto Piccinini, Gaia Pignocchi, Fausto Pugnaloni, Sergio Salustri».

I racconti sono ambientati in epoche diverse ma non in senso cronologico. Quale criterio ha dottato per la sequenza delle storie narrate?
«Anche in questo senso la struttura del libro vuole essere innovativa. L’arco di tempo preso in considerazione è estremamente ampio e i racconti costituiscono solo una minima campionatura, come dei flash che illuminano singole porzioni. Il trait d'union è rappresentato dallo spazio urbano in cui le vicende si svolgono. Ecco allora che il criterio spaziale si sostituisce a quello temporale: vediamo istantanee della stessa porzione di territorio in tempi diversissimi e da punti di vista soggettivi altrettanto diversi. La ricostruzione è dunque affidata attivamente al lettore, che la filtra attraverso le vicende e le emozioni di protagonisti con cui si può identificare, per vivere in tempo reale la storia».

Si tratta di storie rigorosamente vere o prevale la fantasia?
«I racconti sono basati su eventi reali e la ricostruzione è quanto più verosimile possibile. I personaggi sono però inventati e le vicende intime sono opera di fantasia. Gli unici due personaggi realmente esistiti sono il marchese Trionfi e il papa Pio II, per i quali ho costruito una personalità coerente con i dati biografici. Ma anche per loro, nel libro, prevale la vicenda umana privata, inventata, rispetto al profilo pubblico noto».

I protagonisti dei racconti rappresentano uno spaccato di varia umanità e di vita sociale nel tempo. Come sono stati scelti i personaggi e i luoghi in cui le vicende si svolgono?
«Dal momento che volevo, per così dire, infondere la vita nelle pagine scritte, trascinare il lettore al centro della scena e fargli vivere il momento, ho selezionato e costruito in modo tridimensionale i personaggi più adatti allo scopo. Così mi è sembrato che il racconto della guerra potesse essere più efficace se descritto con gli occhi ingenui di una bambina. Per raccontare il ruolo della città con le idee illuminate del Settecento, ho fatto in modo che il lettore si sedesse a cena con il marchese Trionfi. Il porto di Ancona nel 1464 ha costituito il palcoscenico su cui si è consumato il fallimento di un disegno politico, quindi l’io narrante è un papa che vive contestualmente l’approssimarsi della propria morte: è con questo stato d’animo che il lettore osserva l’affaccendarsi sulle banchine».

Quali sono le particolarità per le quali la storia della città di Ancona si distingue da quella di altre città italiane?
«Ancona ha rivestito e riveste una posizione strategica, di conseguenza nei 2400 anni trascorsi dalla sua fondazione è stata protagonista di vicende storiche sedimentate nella struttura urbanistica della città, centro nevralgico di flussi e di scambi non solo di merci ma di conoscenze e culture diverse, come ci illustra il prof. Moroni. Di conseguenza la città ha svolto ruoli molteplici: religioso, commerciale, politico. Il porto, descritto nella nota del prof. Pugnaloni, costituisce un esempio forse unico al mondo di sovrapposizione di manufatti romani, medievali, settecentesci, moderni: un vero e proprio libro di storia da sfogliare. Elementi identitari forti ritornano in diversi racconti, in tempi e condizioni molto diverse le une dalle altre. L’arco di Traiano, che caratterizza e qualifica il water-front, nel racconto contemporaneo è scenografia di una manifestazione estiva, il Festival Adriatico Mediterraneo, nel racconto ambientato nel 1916 è il riferimento per indicare i sommergibili ormeggiati di fronte alla darsena, nel racconto rinascimentale viene nominato come luogo sede dell’accoglienza trionfale riservata a Pio II. In tal modo, in maniera implicita ma evidente, gli elementi del Cultural Heritage manifestano la loro importanza nel segnare il passo alla costruzione identitaria dei luoghi e dei popoli».

Qual è il significato dell’Ancona contemporanea?
«Nel libro è dedicato ampio spazio a racconti che si svolgono ai giorni nostri. Le tematiche prese in considerazione in tal caso sono quelle tipiche della nostra società: il rapporto con i social network, il precariato, l’ossessione per la forma fisica. Sono temi che si aggiungono a quelli trasversali, comuni a tutte le epoche perché connaturati alla natura stessa dell’uomo: l’attrazione erotica, la gelosia, la frustrazione, l’orrore per la solitudine, i raptus di follia che scaturiscono dal cortocircuito delle coincidenze. Sono le riflessioni del lettore, veicolate dalle emozioni dei protagonisti, a mediare il contenuto storico, sociologico, artistico, della città contemporanea, grazie appunto all’impostazione narrativa e all’abbinamento delle parti letterarie con quelle saggistiche».

Il libro è un omaggio alla sua città. Cosa intende offrire ai lettori che non la conoscono?
«La città di Ancona, la sua storia millenaria, sono in realtà un pretesto per ribadire l’importanza in generale della storia e del Cultural Heritage nella sociologia del territorio. È una teoria che non viene propinata in modo astratto, ma dimostrata concretamente con il caso anconetano. Il libro può essere letto da chiunque, in qualsiasi posto si trovi a vivere, perché l’alternarsi delle vicende storiche e il loro rapporto osmotico con quelle private sono validi ovunque. In qualsiasi città, in qualsiasi paese del mondo, le dinamiche emotive, le sensazioni intime, le vicende profondamente umane, sono le stesse, e le guerre, i momenti di gloria, i periodi di decadenza, interagiscono con i luoghi e con le persone, influenzandosi a vicenda e modificando il DNA identitario delle generazioni future».

Ha in programma la pubblicazione di altri libri? Su quali temi?
«Sto lavorando a un libro sul valore dell’Adriatico. Anche in questo caso vorrei proporre una formula narrativa originale per costruire un quadro stimolante e multidisciplinare, al tempo stesso di piacevole fruizione e utile per comprendere una realtà in evoluzione, che ha radici nel passato e potenzialità strategiche per il futuro. Ancora una volta mi avvarrò delle competenze di vari studiosi, in primis del professor Fausto Pugnaloni, professore all’Università Politecnica delle Marche e segretario generale Uniadrion. Non voglio dire altro: sarà una sorpresa!».

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