Limpida Mente

BENESSERE - Le interviste di LimpidaMente

Alcune domande a MASSIMO DALL'OLIO

(27 settembre 2022)

Massimo Dall'Olio è psicologo, formatore e coach. Da diversi anni tiene corsi sulle competenze personali in cui aiuta le persone a sviluppare le proprie potenzialità migliorando la consapevolezza di se stessi. Ha collaborato con organizzazioni nazionali e internazionali lavorando sulla gestione della conflittualità anche nelle zone di emergenza umanitaria. La sua ricerca personale lo ha portato inoltre ad approfondire filosofie orientali come il buddismo e altri percorsi di spiritualità. Oggi collabora con Elidea Psicologi Associati. Limpidamente lo intervista dopo l'uscita del suo libro "Imparare dai conflitti".

MASSIMO DALL'OLIO
 
Domanda: Nel libro "Imparare dai conflitti" lei spiega molto bene come dalle relazioni difficili si possano trarre insegnamenti per imparare a vivere meglio. Per chi non l'ha ancora letto, può approfondire in breve questo concetto?
Risposta:
«C'è una frase, attribuita a Balzac, che dice: "Se guardi abbastanza attentamente il tuo problema ti accorgerai di essere parte di esso". Il nostro modo abituale di percepire i conflitti ce li mostra come "seccature", grattacapi che si frappongono tra noi e la nostra tranquillità e di cui faremmo volentieri a meno. Questa interpretazione si associa inevitabilmente al vedere l'altra persona come causa di questi disagi, una minaccia esterna da cui difendersi. L'altro diventa in questo modo un antagonista, un nemico. E la nostra modalità di gestione dei conflitti sarà inevitabilmente di contrapposizione. Nel libro io propongo un percorso di ristrutturazione cognitiva di questo modo di percepire i conflitti. Un ripensamento che ci responsabilizzi, che ci includa nel quadro e ci porti a riflettere su quello che il conflitto dice di noi, oltre che dell'altro, in modo da arrivare a prendere in considerazione modalità di gestione più costruttive, rispettose e collaborative. Il conflitto in questo senso può essere visto come una "lezione" che dobbiamo imparare e che se appresa ci renderà più consapevoli di noi stessi, meno sulla difensiva e più disponibili all'ascolto. Se siamo disponibili ad osservarne le dinamiche e ad assumerci le nostre responsabilità i conflitti diventano quindi occasioni di crescita personale. Gandhi diceva: "Bisogna combattere l'antagonismo, non l'antagonista". Credo che questa frase racchiuda tutto».

Quali sono i motivi principali per cui nascono i conflitti interpersonali? E perché diventa difficile trovare un punto d'incontro?
«Quando ci rapportiamo agli altri noi siamo convinti (ingenuamente) di reagire ai loro comportamenti. Crediamo che i nostri stati d'animo siano determinati da fatti oggettivi ed esterni a noi, come sono appunto le azioni dell'altro. In realtà se riflettiamo attentamente ci renderemo conto che noi non reagiamo ai comportamenti dell'altro ma più precisamente all'interpretazione che diamo di quei comportamenti. Io non sono risentito perché tu hai alzato la voce, sono risentito perché interpreto il tuo alzare la voce come irrispettoso. La mappa non è il territorio. Nel libro faccio un esempio personale di quando, durante una riunione che io stavo tenendo, un partecipante manifestava chiari segni di noia e si stava per addormentare. Io ero infastidito da questa mancanza di rispetto e stavo per fare un commento pungente. Poi però questa persona ha preso la parola e ha detto: "scusate se mi vedete così ma ho dei problemi di salute e prendo dei farmaci che danno forte sonnolenza". Ecco, da quel momento in poi è cambiato il mio stato d'animo verso quella persona, anche se il suo comportamento è rimasto lo stesso. Noi reagiamo a delle interpretazioni ma siamo convinti di reagire a dei fatti. Se abbiamo compreso questa premessa sarà più facile capire perché nascono così di frequente i conflitti interpersonali. Ognuno di noi vive e reagisce a una sua personale narrazione dei "fatti" e dei comportamenti dell'altro. Quando ci sono interessi contrapposti (e poca consapevolezza personale) queste narrazioni divergono sempre più, ci si trova lontani e si genera una tensione sempre più grande. Tensione accentuata dal fatto che ognuno pensa di avere ragione, che la sua posizione sia "evidente" ed oggettiva. Ecco spiegato anche il motivo per cui è difficile trovare un punto d'incontro: per farlo è necessario che si abbandonino posizioni rigide e semplicistiche e si cominci a prendere in considerazione una concezione più complessa della realtà».

Nel libro si parla molto del ruolo dell'Ego nella nascita e nel perdurare dei conflitti. Cos'è l'Ego e cosa si può fare per evitare che si manifesti in modo negativo?
«Possiamo vedere l'ego come una voce interiore, un sistema di pensiero, un modo di guardare al mondo e agli altri (una mappa). Questo sistema di pensiero è molto sensibile a tutelare una certa immagine di noi stessi, vuole difenderci da possibili minacce e quindi ci mostra un mondo in cui dobbiamo stare molto attenti ai potenziali pericoli, siamo sulla difensiva. Si può dire che quando c'è un conflitto interpersonale sono sempre gli ego a confliggere e a portare verso l'escalation. L'ego vede antagonisti e tende a reagire in modo aggressivo. I conflitti sono occasioni di crescita anche perché ci danno una concreta possibilità di vedere e gestire il nostro ego, dobbiamo riuscire a non assecondare solo i suoi bisogni altrimenti si va verso le accuse reciproche e non ci si ascolta. Il primo passo per gestire l'ego è diventarne consapevoli, osservare le sue dinamiche. Quello che vedi lo gestisci, quello che non vedi lo subisci. Nel libro espongo vari indicatori che ci possono aiutare a riconoscere se in quel momento stiamo o meno assecondando i bisogni egoici. Una volta che abbiamo identificato l'ego dentro di noi capiremo che i risultati a cui ci conduce sono sempre insoddisfacenti e quindi saremo pronti per chiederci: c'è un altro modo di interagire? Perché un altro modo di comportarsi c'è, non è facile ma permette di vivere meglio e va allenato di continuo».

Tra le modalità per gestire i conflitti lei afferma che è necessario distinguere la persona dai comportamenti. Perché per molti è difficile riuscire a farlo?
«Le persone in quanto tali vanno sempre rispettate e accettate. Non altrettanto si può dire per i loro comportamenti, le loro azioni, che possono essere anche sbagliate o deplorevoli. Si può tuttavia essere rispettosi con le persone ma al tempo stesso duri con i loro comportamenti. Quando muoviamo una critica a qualcuno dovremmo limitarci a parlare dei suoi comportamenti e non arrivare a giudicare lui come persona. "Quando alzi la voce mi infastidisce molto" è diverso dal dire "sei un prepotente". Nel secondo caso abbiamo giudicato ed etichettato l'altra persona, nel primo no. È una regola semplice ed efficace ma è difficile applicarla perché ci sembra un modo più "debole" di parlare. Il nostro ego ci suggerisce di andare all'attacco in modo più diretto e di identificare la persona con il problema ma non è così e dovremmo imparare a riconoscere queste dinamiche».

In quali casi è necessario anche un supporto psicologico diretto con un professionista?
«
In generale è sempre utile avere un supporto da una persona che ci può ascoltare in modo professionale. Un tempo si pensava che "andare dallo psicologo" equivalesse ad avere dei problemi psicologici. È più corretto tuttavia dire che dallo psicologo non ci va "chi ha dei problemi", dallo psicologo ci va chi li vuole risolvere! Detto questo se è presente un disagio o un'ansia legata a determinate situazioni che interferisce con il nostro benessere quotidiano e che fatichiamo a comprendere e gestire dovremmo prendere in considerazione un aiuto esterno».

Anche dai conflitti in relazioni di tipo più allargato, come la convivenza sociale e i rapporti internazionali tra i vari Stati, si può imparare qualcosa?
«Nel mio libro faccio riferimento principalmente ai conflitti interpersonali quotidiani ma per molti versi le dinamiche sono simili anche su larga scala. Se guardiamo ad esempio al conflitto in Ucraina ci possiamo rendere conto che uno dei motivi per cui è complicato per Putin e per la Russia ritirarsi ed uscire dalla guerra in questo momento è che perderebbero la "faccia". Sono motivi che ricalcano molte dinamiche anche interpersonali come ad esempio le narrazioni divergenti che danno della storia recente i due paesi in guerra e così via».

Mentre invitiamo tutti a leggere il suo libro per approfondire l'importante argomento dei conflitti, le chiediamo se ha in programma nuove pubblicazioni. Di cosa parlerà?
«Sto in effetti mettendo assieme delle idee che mi sembrano interessanti per una prossima pubblicazione. Ci sono due temi che sto approfondendo in questo senso, quello dell'ascolto (competenza sempre troppo sottovalutata) e in secondo luogo il tema della vittima o meglio della nostra tendenza (disfunzionale) a percepirci come vittime dell'ambiente e degli altri».

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